Una donna e due uomini. È notte. Tagliano la catena del cancello all'ingresso del teatro, mettono in scena i pochi oggetti che hanno portato con sé, tra cui una macchina fotografica. Hanno il compito di “celebrare” un rito tragico. La tragedia è l'Antigone di Sofocle: il conflitto tra le leggi umane e quelle divine, la condizione della donna, l'arroganza del potere, l'incapacità di conciliare le proprie ragioni con le ragioni dell'altro e il rispetto reciproco. Da qui il titolo del film: l'antico detto greco “medèn àgan”, niente oltre misura. La “celebrazione” e la sfida consistono nel fatto che tre esseri umani, soli davanti a sé, senza costumi, maschere o altri aiuti, si dividono i ruoli dell'opera di Sofocle, compreso il coro.